Dunque, cosa significa credere in Filotea? È necessario un salto nel passato prossimo.
Quando io e Francesco creammo Filotea, il nostro obiettivo era fare la pasta più buona del mondo e venderla in tutto il globo.
L’idea di portare sulle tavole tedesche, americane, perfino australiane, un prodotto autentico, genuino, sano e buono come quello appena fatto dalla nonna, ci entusiasmava.
Nel 2005, agli inizi, ci ridevano in faccia, qualcuno ancora oggi. 1.250 euro, un furgone vecchissimo da 1.000 euro ed un sottoscala dove fare la pasta, facevano sembrare quantomeno pretenzioso il nostro obbiettivo.
Ma avevamo lo spirito giusto e non avevamo paura di nulla. Non di bussare a freddo alla panetteria sotto casa e neanche al più grande importatore di Londra, di partire con le valigie piene di pasta od affrontare contratti internazionali.
Eravamo dei pirati, pionieri del food, capaci di proporre una pasta che costava cinque volte di più a qualcuno che la considerava ancora una commodity.
Questo era ed è lo spirito che ci anima. Anche oggi non temiamo di prendere uno stand al Cibus senza dotazione di elettricità e di verniciarlo poco prima dell’inizio. Senza arredi, ma con le valigie piene della nostra bella pasta.
E non avremo paura di aprire il nostro Store a Londra, a Dio piacendo, in modo sfacciato, fuori dalle regole, contro ogni pronostico.
Da Pirati.