All’università di economia, almeno durante i miei anni di frequentazione, le prime lezioni si soffermavano a lungo sulla definizione di imprenditore. Francamente non ne ricordo la definizione tecnica. Tuttavia, in questi anni, ho imparato quella effettiva, reale, sostanziale.
Imprenditore è colui che fa le cose. È quello che ha spirito di iniziativa, voglia di creare qualcosa che prima non c’era. Quello che pensa di poter far bene e, come dicono gli americani, “make things happen”: fa accadere le cose.
Non è né meglio né peggio degli altri, ma sicuramente è uno che ci prova. Prova a migliorare la propria vita e quella degli altri, si assume responsabilità, si mette in gioco, non vive di assistenzialismo, è l’antitesi di un parassita.
È una definizione forse non esaustiva, ma veritiera che proviamo a rendere concreta in Filotea.

Filotea è un’impresa italiana. Di quella stessa Italia in cui va di moda l’autoflagellazione, soprattutto verso l’esterno. Il nostro paese è il più sporco, il più disordinato, il più disonesto. Le “persone” (quali?) che vivono in Italia sono furbe, non curano la cosa pubblica, evadono il fisco, sono assenteiste. Non come i tedeschi, loro sì che ci sanno fare! Non come gli inglesi, quelli sì che hanno le palle! Per non parlare degli svizzeri, degli svedesi e degli australiani!

Lasciamo perdere tutte le opere d’arte presenti nel nostro paese (evidentemente fatte dai tedeschi), non parliamo del cibo (preparato e ideato dagli svedesi) e neppure della moda (australiani?) e delle automobili (sudafricani?). Soprattutto, lasciamo perdere quell’esercito di piccole imprese che esporta ed è apprezzato in tutto il mondo, tranne che in Italia. Sono tutti evasori, assenteisti che dalla mattina alla sera girano a bordo di eleganti BMW accompagnandosi con prostitute, sfruttando poveri operai che lavorano tanto solo per permettere la bella vita a questi aguzzini.

E se per caso uno di questi diventa ricco è sicuramente perché ha evaso il fisco. Oppure, nell’ipotesi migliore, è ammanicato, protetto e raccomandato.
La cultura dell’esterofilo perdente.

Eccoci quindi al dunque: essere imprenditori significa essere persone che vogliono mettersi in gioco creando qualcosa? O è sinonimo di truffatori, furbi ed evasori?
Tu cosa ne pensi?